I 110 anni di vita movimentata del Museo Bandini
1l 4 maggio di 110 anni fa veniva inaugurato il Museo Bandini.
I suoi primi anni di vita furono segnati dalla prima guerra mondiale e dalle difficoltà economiche del gestore, che ben presto aprì una vertenza legale con il Capitolo della Cattedrale di Fiesole, chiedendo di rescindere dalla convenzione e di essere rimborsato della somma anticipata per la costruzione del Museo. Nel 1924 i canonici del Capitolo riuscirono a reperire il denaro necessario e riscattarono il possesso dell’edificio. [cfr. "4 maggio 2021: il Museo Bandini compie 108 anni"]
Ma la sequela delle disavventure del Museo era solo all’inizio. Durante la seconda guerra mondiale, infatti, fu destinato a deposito dei mobili dei fiesolani sfollati. L’uso improprio dell’edificio e l’esposizione delle opere a violente escursioni termiche, dovute alla rottura dei lucernari avvenuta durante la guerra, determinarono un rapido deterioramento del Museo. Questa situazione critica non sfuggì a Cesare Fasola, allora Funzionario agli Uffizi. Nato a Torino e vissuto per tanti anni a Fiesole con la moglie Giusta Nicco, Fasola fu tra i rappresentanti più attivi della sezione locale del Comitato di Liberazione Nazionale, della quale ospitò alcune riunioni nella sua casa fiesolana, sotto il Convento di San Francesco, in Via degli Angeli, 4. [Fig. 1]
Nel 1944 ebbe un ruolo fondamentale nel salvataggio dei dipinti degli Uffizi, sorvegliando e presidiando, nel momento del passaggio del fronte, i depositi delle opere d’arte, messe in salvo in ville e castelli della Toscana.
In una relazione al Soprintendente del 5 giugno 1945 Fasola fornisce un dettagliato ragguaglio sugli spostamenti delle opere del Museo Bandini, sottolineando la necessità di rapidi interventi di restauro e di un generale riassetto dell’edificio.
Cinque anni più tardi scrive una nuova relazione, questa volta indirizzata all’allora Sindaco di Fiesole, Luigi Casini. In essa segnala che nei locali del Museo è «stato installato un Circolo con bar e annesso pallaio. Ora si dice che il Museo in parte è ridotto alle due stanze superiori sottotetto e in parte nella cappella del vescovado, che è locale buio, poco adatto a esposizione di oggetti d’arte». Fasola, inoltre, sottolinea che questa situazione «rappresenta un danno morale e materiale per la cittadinanza», sul quale si sente in dovere di richiamare l’attenzione del Sindaco.
È molto probabile che per alcuni anni il Museo sia rimasto chiuso al pubblico, visto che risulta ufficialmente riaperto nel novembre 1954, dopo una vasta campagna di restauro che riguardò prevalentemente i dipinti [Cfr. «"Una questione di coraggio". Storia di un restauro, due Crocifissi e un gallo»].
Nel 1963, poi, il Circolo delle ACLI liberò la sala al piano inferiore del Museo, il quale poté finalmente recuperare la sua completa fisionomia e la sua identità.
Tuttavia, a metà degli anni ‘80, a distanza di trent’anni dall’ultima campagna di restauro, quasi tutti i dipinti avevano nuovamente necessità di interventi, più o meno impegnativi. Si rendeva inoltre necessario adeguare alla normativa gli impianti elettrici, installare impianti di sicurezza e di climatizzazione, rivedere l’illuminazione e l’arredo. Occorreva infine restituire al Museo Bandini la sua coerenza storica, liberando la raccolta dalle opere non pertinenti alla collezione di Angelo Maria Bandini, depositate nel Museo nel corso degli anni per trasferimento dalle chiese diocesane non più officiate o per donazioni.
Così nel 1988 fu avviato un programma di intervento generale che vide la collaborazione di molti e diversi soggetti: La Soprintendenza per i Beni artistici e storici si occupò di progettare il nuovo ordinamento del Museo e di seguire il restauro delle opere mobili; la Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici curò il ripristino dell’edificio e la messa a norma degli ambienti, compresa l’installazione di un moderno sistema di climatizzazione nelle sale; l’Opificio delle Pietre Dure mise a disposizione le sue competenze operative e di consulenza. Fu a carico della Cassa di Risparmio di Firenze la copertura dei costi per il restauro edilizio e il nuovo allestimento delle sale, mentre il Comune di Fiesole si assunse l’onere della realizzazione degli impianti di sicurezza.
Il nuovo Museo, curato da Magnolia Scudieri, allora funzionaria della Soprintendenza per i beni artistici e storici responsabile per l’area di Fiesole, fu inaugurato il 29 giugno 1990. [Fig. 2] Il suo riordinamento, con l’allestimento progettato dall’architetto Mauro Linari, aveva l’obiettivo di presentare le opere della collezione attraverso un percorso cronologico che evidenziasse lo sviluppo dell’arte fiorentina dal Romanico al Rinascimento, in sintonia con le intenzioni del collezionista [Fig. 3].
In concomitanza con la riapertura del Museo, fu messo a punto un nuovo strumento di gestione: una convenzione fra il Capitolo della Cattedrale, proprietario, e l’Amministrazione Comunale di Fiesole, che se ne assunse così la gestione, inserendo il Museo Bandini nel complesso dei Musei di Fiesole, assieme al Museo Civico Archeologico e all’Area Archeologica. Ciò garantì al Museo un’apertura al pubblico regolare, una custodia efficace, un progetto di valorizzazione.
Ma la storia del Museo Bandini non finisce qui. Negli ultimi dieci anni è maturata una nuova riflessione sulla funzione dei musei, che ha investito i Musei di Fiesole nel loro complesso. Gestire oggi un museo significa farsi carico, oltre che della conservazione e della valorizzazione, anche della qualità della fruizione del pubblico. L’arte ha un grande potenziale comunicativo: racconta storie, concezioni del mondo e trasmette valori. Per questo può svolgere un ruolo importante nella vita delle persone. Favorire l’accesso all’arte è un modo per contribuire al miglioramento della qualità della vita dei cittadini, contrastare il disagio sociale e facilitare, così, i processi di democratizzazione. Con questa ottica da anni i Musei di Fiesole si propongono come spazio vivo, luogo di incontro e crescita culturale, impegnandosi in progetti volti a coinvolgere un numero sempre maggiore di visitatori e fasce di pubblico sempre più varie. [Foto 4 e 5]
Silvia Borsotti
Riferimenti bibliografici e archivistici
A. Paolucci, Prefazione, in Il Museo Bandini, a cura di M. Scudieri, Firenze, Arti Grafiche Giorgi & Gambi, 1993, pp. 9 – 12.
M. Scudieri, La collezione dall’inizio del Novecento ad oggi, in - Il Museo Bandini, a cura di M. Scudieri, Firenze, Arti Grafiche Giorgi & Gambi, 1993, pp. 45 e 53.
F. Graziati, Cesare Fasola, funzionario delle Gallerie degli Uffizi e la difesa delle opere d’arte nel periodo bellico, Intervento al Convegno Ricordo di Cesare e Giusta Fasola intellettuali e resistenti membri del Comitato di Liberazione Nazionale di Fiesole, in occasione del 42° anniversario della Liberazione di Fiesole (vedi allegato)
Cesare Fasola, Lettera al Sindaco di Fiesole, 19 febbraio 1950, Archivio Comunale di Fiesole, Gabinetto del Sindaco Casini, n. 8, fascicolo Cesare Fasola
Immagini
Fig. 1 – Cesare Fasola (Archivio Comunale di Fiesole)
Fig. 2 – Museo Bandini - Esterno
Fig. 3 – Museo Bandini – Interno, allestimento del 1990
Fig. 4 – Inaugurazione della App Bandini Icon (29 febbraio 2020)
Fig. 5 – Visita al Museo Bandini con i mediatori del Progetto A.M.I.R. – Accoglienza, Musei, Inclusione, Relazione