Percorso_bandiniano_fiesole

I luoghi fiesolani che raccontano la vita di Angiolo Maria Bandini.

«È qualche tempo, che voi mi richiedeste, amico carissimo, d’un’esatta descrizione del monte di Fiesole e sue adiacenze, poiché non vi è ignoto quanto io mi diletti di trattenermi in quelle beate pendici, dove trovo un aere purgatissimo, copia di limpidissime acque, un prospetto assai delizioso, i vini, gli oli, le messi, le frutta e i fiori nella loro maggior perfezione. Oltre di che, essendo questo tratto di paese arricchito di nobili e magnifici palagi, stati un dì albergo di sublimi ingegni, d’illustri monasteri e Conventi […], ben meritava di essere descritto, e commendato sopra d’ogni altro villaggio che faccia corona alla bella nostra città»

Fig. 1 - Ritratto di Angelo Maria Bandini
Fig. 1 - Ritratto di Angelo Maria Bandini

Angelo Maria Bandini (Fig. 1) è una delle figure di maggior spicco nel mondo dell’erudizione settecentesca, tanto a Firenze come nel panorama italiano del suo tempo. Con questa “dichiarazione d’amore” per Fiesole e per il suo territorio, egli apre la prima delle Lettere XII ad un amico nelle quali si ricerca e si illustra l’antica e moderna situazione della città di Fiesole e i suoi contorni, edite nel 1776 e ristampate nel 1800.

L’opera appartiene al genere letterario odeporico, cioè che descrive un viaggio. In questo caso le lettere sono indirizzate ad un amico, non meglio identificato, e il viaggio si snoda dalla Porta San Gallo di Firenze fino al Convento di San Francesco a Fiesole, suddiviso in dodici “gite”, cioè dodici tappe a piedi. Di fatto possiamo considerare questo testo come la prima guida turistica di Fiesole.

La profonda ammirazione che Bandini nutriva per la collina fiesolana, che aveva anche dato i natali ai suoi genitori, fece sì che egli molto presto la eleggesse a sede della sua dimora. L’itinerario che vi proponiamo, della lunghezza di poco più di un chilometro, può dirsi “bandiniano”, non solo perché ripercorre alcuni dei principali luoghi in cui Bandini ha trascorso molti momenti della sua vita, ma anche perché saranno le parole stesse delle sue lettere (V-VIII) a guidarci. E chi, con uno sforzo di immaginazione, riuscirà ad astrarsi dai molti segni dell’età contemporanea (come l’asfalto, i cartelli stradali, le auto parcheggiate o in transito e i pali dell’illuminazione pubblica) potrà godere di un punto di vista squisitamente settecentesco, erudito, in cui l’osservazione non è mai disgiunta dai ricordi letterari e dalla citazione di documenti.

Il nostro percorso inizia da San Domenico.

«[…] si trova sul finir dell’erta l’ampia e maestosa villa di S. E. il Sig. Duca Salviati, da me per beneficienza del padrone per dieci anni abitata, finché non feci acquisto della Villa delle Tre Pulzelle» Queste poche righe, spesso trascurate dagli studiosi, sembrano testimoniare che Bandini abbia iniziato molto presto a trascorrere parte del suo tempo in una casa non ben identificata, a San Domenico, in alternativa alla residenza fiorentina, situata all’ultimo piano del palazzo della Biblioteca Marucelliana, di cui fu Bibliotecario dal 1752 al 1757.

Superata la Chiesa del Convento di San Domenico, sulla sinistra si imbocca l’attuale Via Vecchia Fiesolana, che prima dell’apertura della via fiesolana nuova, nel XIX secolo, sotto Leopoldo II, era l’unica strada che da Firenze conduceva a Fiesole. Appena imboccata la nostra strada, subito a destra doveva trovarsi la Villa delle Tre pulzelle, che Bandini prese in affitto dal vicino convento dei frati di San Domenico, almeno dal 1768. Qui il canonico trascorreva negli otia campestri i periodi di riposo dalle fatiche della vita cittadina. E, come ci racconta egli stesso, «fu questa villa onorata dalla presenza di S.A.R. il Serenissimo Arciduca, Granduca di Toscana, Ferdinando III, in compagnia di S. E. il Sig. Marchese, Generale Federigo Manfredini nell’anno 1795, il giorno della Santissima Trinità [che cade ogni anno la domenica dopo la Pentecoste], proveniente dalla Real Villa del Poggio Imperiale in un tiro a quattro cavalli».

Poi continua: «Si osserva quasi dirimpetto il nuovo edifizio fabbricato dai fondamenti da una Compagnia di dilettanti oziosi nell’anno 1772 e che doveva servire per il trattenimento dei villeggianti, essendovi alcune comode e adorne stanze, con un teatro assai bene architettato dal nostro abile Professore Sig. Zanobi del Rosso, ed ora è ridotta ad uso di villa». Questa villa, con qualche elemento che ancora rimanda all’originaria funzione dell’edificio, ancora si può vedere al numero civico 72 di Via Vecchia Fiesolana.

Fig. 2 - Stemma di Papa Leone X
Fig. 2 - Stemma di Papa Leone X

La villa abitata dal Bandini prendeva il nome dalla località,  nota come "Le Tre Pulzelle", dall'omonima, antica osteria,  tappa obbligata per i viaggiatori, che qui si riposavano prima di affrontare la ripida salita che portava a Fiesole. L’osteria era celebre anche perché vi si ritrovavano i villeggianti per prendere refrigerio dalla calura estiva e, tra questi, anche l’abate Giovanni Lami, erudito e bibliotecario della raccolta Riccardiana, personaggio di primo piano del mondo culturale fiorentino, nonché amico di Bandini, «il quale» secondo il canonico «tra i bicchieri ci compose buona parte dei suoi Dialoghi di Aniceto Nemesio e le sue Menippee». Inoltre, sempre la nostra guida ci fa notare che «sull’angolo della fabbrica sta collocata in alto l’arme di Leone X scolpita in pietra serena, e che vi sarà stata forse eretta in occasione del suo passaggio, quando, fatto pontefice, volle salire questo monte nel dì 11 gennaio 1516 (Fig. 2). Le fontane, che scaturiscono dall’altra parte, dalle fauci di due belle teste di leone in marmo, sono opera di Baccio Bandinelli insigne scultore.» (Fig. 3)

Fig. 3 - Testa di Leone
Fig. 3 - Testa di Leone


Ed è lo stesso Bandini ad informarci che anche Baccio Bandinelli ebbe la sua dimora poco più avanti, in quella che oggi è chiamata Villa Papiano.

Dopo qualche centinaio di metri il percorso si biforca in due strade, ma è lo stesso Bandini a fugare ogni nostro dubbio: «quella a mano manca conduce […] al Crocifisso di Fonte Lucente […]; l’altra  […] che è sulla diritta, conduce a Fiesole. Noi questa prendendo, fatti pochi passi si incontriamo un mucchietto di case di proprietà del Sig. Marchese Vitelli, dopo delle quali si vede un Oratorio composto di una sola navata, detto di S. Ansano, che vogliono fosse una delle antiche suburbane parrocchie della Città di Fiesole.» Abbiamo così imboccato quella che oggi si chiama Via Bandini e siamo arrivati davanti all’ultima residenza fiesolana del canonico (Figg. 4 e 5), il quale, sempre con il suo tono erudito e parlando di sé in terza persona, ci informa:

Fig. 4 - Villa Bandini, esterno
Fig. 4 - Villa Bandini, esterno
Fig. 5 - Oratorio si Sant'Ansano, esterno
Fig. 5 - Oratorio si Sant'Ansano, esterno

«Checché ne sia, la struttura del medesimo oratorio non è più antica del secolo XI. Questa chiesa è stata da qualche tempo annessa alla Compagnia della Santissima Trinità di Firenze. Indi nella distruzione generale delle Confraternite seguita sotto il granduca Pietro Leopoldo, passò nel Bigallo, dal quale fu acquistata dal canonico Angelo Maria Bandini, per istrumento rogato da Ser Giovanni Battista Luigi Tramontani il dì 24 Marzo 1795. Egli l’ha risarcit, ed ornata colla cospicua spesa di più migliaia di scudi, mentre andava a diventare un mucchio di sassi, collocandoci una bella serie di antiche pitture, marmi, e altri pregevoli monumenti nel corso della sua vita raccolti, ed aggiungendovi ancora una comoda abitazione». A questo punto della sua vita Bandini, oramai sessantanovenne, pur mantenendo l’incarico di direttore della Biblioteca Laurenziana, progettò un sostanziale ritiro dalla scena pubblica, avendo fondamentalmente portato a termine l’impegnativo lavoro di redazione del catalogo dei manoscritti greci e latini, che lo aveva impegnato per quasi quarant’anni, e al quale il suo nome rimarrà legato. Qui, in Sant’Ansano, Bandini trovò il luogo ideale, a lungo vagheggiato, in cui vivere trascorrendo il tempo in attività di studio e di erudizione, in compagnia dei suoi libri e delle testimonianze del passato, amorevolmente raccolti nel corso della sua vita. E nella Chiesa di Sant’Ansano (Fig. 6) potè coronare il sogno di allestire il suo Museo sacro, in cui presentare con orgoglio la sua collezione privata di opere d’arte sacra medievale e rinascimentale. Alla concreta realizzazione di questo frammento di Arcadia, Bandini dedicò gli ultimi anni della sua esistenza, che si concluse nell’agosto del 1803, proprio qui, in Sant’Ansano, dove sarà sepolto.

Fig. 6 - Oratorio di Sant'Ansano, interno
Fig. 6 - Oratorio di Sant'Ansano, interno

Passando davanti a questi edifici, non dimenticatevi di posare il vostro sguardo sulle iscrizioni in greco, dal significato molto eloquente, che Bandini stesso volle porre all’accoglienza degli ospiti. Sull’architrave del portale adiacente alla chiesa si legge: «Casa di cura dell’anima di me Angelo Bandini sacerdote peccatore», mentre sull’architrave, ora completamente coperto dalla vegetazione, del portale più a destra, che immetteva nel giardino pensile panoramico della villa, fino a poco tempo fa si poteva leggere «Tutto è frutto del lavoro».

Continuando il percorso in salita arriviamo sotto Villa Medici (Fig. 7). Bandini ci ricorda che «il Vasari nella Vita di Michelozzo Michelozzi scultore e architetto fiorentino più ampiamente ne parla in questi termini: E per Giovanni figliuolo di Cosimo de’ Medici fece a Fiesole un altro magnifico e onorato palazzo, fondato dalla parte di sotto nella scoscesa del poggio con grandissima spesa, ma non senza grande utile, avendo in questa parte da basso fatto volte, cantine, stalle, tinaie ed altre belle e comode abitazioni. Di sopra poi, oltre le camere, sale e altre stanze ordinarie, ve ne fece alcune per libri e alcune altre per la musica […]. Servì poi sotto il Magnifico Lorenzo di asilo ai sublimi ingegni in quella fioritissima età.»

Fig. 7 . Villa Medici, scorcio
Fig. 7 . Villa Medici, scorcio

 

E ancora:

«Sotto questo beato cielo e tra gli ameni passeggi delle circonvicine colline, quasi che risorta fosse la celebre Accademia di Platone, si meditavano le più profonde scienze e l’opere di Platone medesimo, come pure di Plotino, Iamblico, Proclo e d’altri.»

Cita poi una serie di testi letterari che documentano la frequentazione di questa villa e dei dintorni fiesolani da parte di Poliziano, Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Cristoforo Landino.

Tra questi:

«Il medesimo Ficino nella prima lettera del Libro IX delle sue Familiari racconta che andando a spasso un giorno col Poliziano per le deliziose colline che s’incontrano fra Fiesole e Maiano, e piacevolmente tra loro ragionando in qual posto si potesse trovare una villetta che fosse la più confacevole per conservar la salute del corpo, l’allegria dell’animo, il vero piacere ed il comodo della vita in questo mondo, egli come filosofo e medico stabilisce esser quello ove passeggiavano, il luogo più adatto e a tale effetto il più proprio.»

Conclude poi dicendo: «Non la finirei mai, se vi volessi ad uno ad uno annoverare i valentuomini, cheh anno in questi contorni abitato». Bandini è un maestro nel “popolare” di presenze illustri questi luoghi, con l’intento di nobilitarli, e ci presenta Fiesole come il luogo reale-ideale di un sogno di rinascita umanistica e classica.

Dopo una pausa di contemplazione davanti al panorama mozzafiato sulla conca fiorentina, continuiamo a salire e rientriamo sull’attuale Via Vecchia Fiesolana. Oramai siamo quasi arrivati in cima alla salita e Bandini richiama per un’ultima volta la nostra attenzione: «tra Villa Medici e la scala di San Girolamo era una delle porte della città, e chi sa che quel pietrone, sul quale dicono che soffrisse il martirio San Romolo, non sia un avanzo dell’imbasamento della porta Fiorentina?». L’intuizione del canonico nel tempo si è rivelata fondata (Fig. 8).

Foto 8 - Sasso di San Romolo
Foto 8 - Sasso di San Romolo

A questo punto dobbiamo lasciare la nostra guida d’eccezione. Con un ultimo strappo in salita (Fig. 9) arriviamo in piazza Mino, riemergendo alla contemporaneità. Qui ancora oggi è possibile godere dell’eredità che Angelo Maria Bandini ha lasciato con chiara disposizione testamentaria. 

Gli oltre 2.200 libri della sua biblioteca, conservati nel Palazzo del Seminario vescovile, così come le opere d’arte della sua collezione, esposte nel Museo Bandini, continuano a raccontare a migliaia di visitatori la storia della sua grande passione.

Fig. 10 - Via vecchia Fiesolana
Fig. 10 - Via vecchia Fiesolana

Silvia Borsotti


Riferimenti bibliografici

Il Museo Bandini, a cura di M. Scudieri, Firenze, Arti Grafiche Giorgi & Gambi, 1993.

A.M. Bandini, Lettere XII ad un amico nelle quali si ricerca e si illustra l’antica e moderna situazione della città di Fiesole e suoi contorni, Ristampa anastatica a cura di C. Salvianti, Firenze, Libreria Chiari, 2003.

L. Scarlini, Le opere e i giorni. Angelo Maria Bandini collezionista e studioso, Firenze, Edizioni Polistampa, 2003.

Immagini

Fig. 1 – Leonardo Frati, Ritratto di Angelo Maria Bandini, Fiesole, Museo Bandini
Fig. 2 – Stemma di Papa Leone X sull’edificio al n. 64 di Via Vecchia Fiesolana
Fig. 3 – Vasca con testa leonina di Baccio Bandinelli, in Via Vecchia Fiesolana
Fig. 4 – Villa di Sant’Ansano, esterno prospiciente su Via Bandini
Fig. 5 – Oratorio di Sant’Ansano, esterno
Fig. 6 – Oratorio di Sant’Ansano, interno all’inizio del XX secolo
Fig. 7 – Veduta di Villa Medici da Via Vecchia Fiesolana
Fig. 8 – "Sasso si San Romolo", il pietrone su cui si dice che San Romolo abbia subito il martirio
Fig. 9 – Via Vecchia Fiesolana, ultimo strappo in salita prima di Piazza Mino