Il 31 ottobre 2022 ricorre il ventennale della cancellazione della condanna di Galileo Galilei.
Infatti il 31 ottobre del 1992, dopo 359 anni, 4 mesi e 9 giorni, Papa Giovanni Paolo II riabilitò Galileo Galilei, annullando definitivamente la condanna “al silenzio”, inflitta allo scienziato il 22 giugno 1633 dal Sant'Uffizio. Questa condanna non solo aveva condizionato pesantemente gli ultimi nove anni della vita di Galileo, ma compromise anche che la cerimonia di sepoltura delle spoglie dello scienziato. Infatti Galileo, morto l’8 gennaio del 1642, aveva lasciato disposizioni testamentarie con l’indicazione precisa che il suo corpo fosse sepolto nella tomba di famiglia nella Basilica di Santa Croce. In realtà, per paura che le autorità ecclesiastiche potessero impedire la sepoltura dei resti mortali del Galilei in terra consacrata, il trasporto della salma e la sepoltura si svolsero con furtiva riservatezza. I familiari e gli allievi non poterono rispettare integralmente le volontà testamentarie di Galileo e il cadavere fu sepolto nel piccolo vano sottostante il campanile della Basilica, al quale si accede ancora oggi attraverso una porticina sul lato sinistro della Cappella del Noviziato. Un luogo certo poco decoroso, ma almeno i suoi resti erano in Santa Croce…
Negli anni successivi furono fatti vari tentativi per erigere nella stessa Basilica francescana un vero e proprio monumento funebre allo scienziato, ma tutti si rivelarono vani.
Doveva arrivare il regno di Gian Gastone perché la situazione cambiasse. L’ultimo Medici, con l’aiuto di un gruppo di autorevoli intellettuali, molti dei quali formatisi alla scuola dei professori galileiani dello Studio di Pisa, si impegnò con determinazione nell’opera di contenimento del potere della Chiesa e di laicizzazione dello Stato. Non è certo un caso che proprio in questo periodo, e precisamente nel 1735, arriva in Toscana la massoneria, animata da forti esigenze di modernizzazione culturale, scientifica e civile e da una chiara e netta presa di posizione anticuriale. In questo nuovo clima politico e culturale si creano le circostanze favorevoli per la realizzazione del progetto del monumento sepolcrale a Galileo, che assunse ben presto un significato politico di notevolissima importanza (Fig. 1). Seppellire in Santa Croce con tutti gli onori, a quasi un secolo dalla morte, l’‘eretico’ Galileo, significava affermare con chiarezza l’autonomia del Principe dal potere ecclesiastico e sfidare gli abusi di potere della Chiesa che a lungo avevano impedito di rendere pubblico omaggio allo scienziato pisano.
L’identità culturale dei membri della delegazione ufficiale, che doveva presiedere alla riesumazione dei resti mortali di Galileo e alla loro traslazione nel nuovo monumento sepolcrale, risulta chiaramente caratterizzata: molti di loro erano noti per la loro posizione a difesa delle prerogative dello Stato, per la simpatia che manifestavano nei confronti delle concezioni progressiste e materialistiche e, particolare non trascurabile, per la funzione non marginale che svolgevano nei circoli massonici della città.
Facevano parte della delegazione anche Giovanni Lami (Fig. 2) e Anton Francesco Gori (Fig. 3), entrambi in odore di massoneria e già noti per la singolare erudizione e per i vasti interessi antiquari, che porranno in più di un’occasione al servizio di una strategia moderata di riforma culturale, civile e religiosa. Entrambi legati da sentimento di amicizia e da regolari frequentazioni con il canonico Angelo Maria Bandini.
La cerimonia di riesumazione e traslazione, svoltasi il 12 marzo 1737, comprese anche il rito, ai nostri occhi un po’ macabro, di trafugamento di alcuni frammenti delle spoglie di Galileo. Come si desume da varie testimonianze, furono asportate tre dita, una vertebra e un dente. Tra i protagonisti del ‘misfatto’ è ricordato anche Anton Francesco Gori che si assicurò il possesso del dito medio della mano destra e lo fece sistemare in una teca con una base cilindrica in marmo, sovrastata da una coppa di vetro con decorazioni dorate (Fig. 4).
Sulla base in marmo fu incisa un’iscrizione celebrativa ideata da Tommaso Perelli, professore di astronomia allo Studio di Pisa. Non sappiamo che fine abbiamo fatto le altre due dita e il dente, mentre è noto che la vertebra è conservata tra i cimeli galileiani dell’Università di Padova. Siamo di fronte a vere e proprie reliquie profane, un genere di oggetti a cui Antonio Castronuovo ha recentemente dedicato un’interessante pubblicazione. In particolare, mi preme qui osservare come gli eruditi che volevano combattere il potere della Chiesa si siano appropriati di una pratica tipicamente cristiana (quella della venerazione delle reliquie) attribuendole nuovi significati e opposti valori. Un meccanismo questo, che ricorre spesso nella storia delle culture, anche se con diverse sfumature.
Pochi sanno che la reliquia del dito medio della mano destra di Galileo ha fatto parte della collezione di Angelo Maria Bandini (Fig. 5), dove arrivò alla morte del Gori. Ce lo testimonia Luigi Tramontani nella sua lettera ad Angelo Maria Bandini del 1797: «Qui anco mi occorse vedere il dito indice [!] di Galileo, staccato dal cadavere dal celebratissimo Anton Francesco Gori […]».
In una collezione, come quella del Bandini, che per certi aspetti aveva ancora il sapore della wunderkammer, la camera delle meraviglie naturali e artificiali, non deve meravigliarci che, oltre ad opere d’arte, stampe e reperti archeologici, ci fossero anche curiosità naturali, come alcuni “pesci pietrificati” e la reliquia profana del dito di Galileo Galilei. La presenza di questi pezzi di interesse scientifico e storico rivela pienamente l’atteggiamento mentale del canonico, ancora legato ad una concezione erudita e unitaria del sapere, fra arte, scienza e storia.
Alla morte di Angelo Maria Bandini, nel 1803, la reliquia si trovava ancora nella sua collezione. Successivamente fu esposta per un lungo periodo alla Biblioteca Laurenziana, di cui il Bandini era stato direttore per più di 40 anni. Da qui, nel 1841 passò nelle collezioni granducali lorenesi, esposta nella Tribuna di Galileo del Museo di Fisica e Storia Naturale. Nel 1927 approdò al Museo di Storia della Scienza, divenuto nel 2010 Museo Galileo, dove ancora oggi è possibile vederla.
Silvia Borsotti
Riferimenti bibliografici
Il Museo Bandini, a cura di M. Scudieri, Firenze, Arti Grafiche Giorgi & Gambi, 1993, pp. 15 e 33.
P. Galluzzi, I sepolcri di Galileo: le spoglie ‘vive’ di un eroe della scienza, in Pantheon di Santa Croce a Firenze, Firenze, Cassa di Risparmio di Firenze, 1993, pp. 145 - 182.
A.M. Bandini, Lettere XII ad un amico nelle quali si ricerca e si illustra l’antica e moderna situazione della città di Fiesole e suoi contorni, Ristampa anastatica a cura di C. Salvianti, Firenze, Libreria Chiari, 2003, Appendice, p. 28.
A. Castronuovo, Ossa, cervelli, mummie e capelli, Macerata, Quodlibet, 2016
Immagini
Fig. 1 – Monumento funebre a Galileo, Firenze, Basilica di Santa Croce (dal sito www.museogalileo.it)
Fig. 2 – Giovanni Lami, incisione di Johann Jacob Haid su disegno di Giovanni Domenico Ferretti
Fig. 3 – Anton Francesco Gori, incisione di Gaetano Vascellini, Napoli, Museo di Capodimonte
Fig. 4 – Reliquia del dito medio della mano destra di Galileo, Firenze, Museo Galileo (dal sito www.museogalileo.it)
Fig. 5 – Angelo Maria Bandini, incisione (prova di stampa) di Leonardo de Frati, 1762, Firenze, Biblioteca Marucelliana, CCXXXIX, 11