Con l’approfondimento di oggi diamo inizio al ciclo di appuntamenti “Itinerari d’estate”, con i quali vogliamo proporre alcuni brevi e accessibili itinerari di visita all’aperto per scoprire siti archeologici o luoghi storici di Fiesole – forse meno noti, ma certamente molto significativi- raggiungibili facilmente a piedi dal centro della città.
In questo approfondimento parliamo in particolare dei resti archeologici dell’Area Garibaldi e delle tombe etrusche di via del Bargellino.
L’Area Garibaldi si trova a pochissimi passi da Piazza Mino, alle spalle del Palazzo del Comune. Ad ingresso libero, è dotata di un percorso accessibile anche ai disabili motori ed è corredata da pannelli esplicativi. Quest’area, scavata a più riprese tra il 1986 e il 2015, raccoglie resti di edifici e sepolture che vanno dall’epoca etrusca (IV secolo a.C.) a quella longobarda (VI-VIII secolo d.C.) e oltre.
Sui terrazzamenti che gli Etruschi realizzarono fra IV e III secolo a.C. per rendere pianeggiante la zona, i Romani costruirono -tra I secolo a.C. e I sec. d.C.- una domus, di cui è ancora visibile il peristilio con resti di colonnato e vasca, e alcuni ambienti a destinazione termale, che si riconoscono bene per la pavimentazione in cocciopesto di colore rossiccio. Si trovavano poco distanti dalla piazza del foro (l’attuale piazza Mino), alla quale erano collegati tramite l’asse viario del decumano. Questa strada doveva ricalcare il tracciato di via Santa Maria, che passa proprio a sud dell’Area Garibaldi.
L’area subì successivamente dei cambiamenti d’uso che sono importanti per comprendere le vicende storiche della città nei secoli: nel III secolo d.C. la domus fu riadattata ad ospitare botteghe per la vendita di generi alimentari (forse un macellum); a nord di essa (in corrispondenza di Piazza Garibaldi), tra il IV-inizio V secolo d.C. sorse una necropoli tardoantica, mentre tra VI e VIII secolo d.C., gli edifici romani ormai in rovina furono destinati a necropoli dai Longobardi. Di quest’ultima sono visibili alcune tombe a fossa scavata nel terreno e rivestita di pietre, all’interno delle quali era deposto il defunto, accompagnato da alcuni oggetti di corredo. Quattro di queste sepolture sono state ricostruite integralmente all’interno del Museo Archeologico: una appartiene ad una bambina, un’altra è relativa ad una donna dal ricco corredo (bicchiere e bottiglia in vetro, spilloni in argento, crocetta in lamina d’oro e coltellino) e le restanti due a uomini, di cui uno con il tipico armamento longobardo costituito da spatha, lancia e scudo ed elementi di cintura con decorazioni ageminate.
Lasciandoci alle spalle l’Area Garibaldi e percorrendo via Matteotti, a pochi minuti a piedi si trovano le tombe dell’unica necropoli di epoca etrusca e romana i cui resti siano giunti fino a noi, le tombe di via del Bargellino.
Oggi si possono osservare i resti di solo due delle sei tombe che, tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’50 del Novecento, furono ritrovate in questa area, mentre i resti di una terza tomba si trovano all’interno dell’Area archeologica, appena oltre l’ingresso. Costruite in epoca etrusca, tra il IV e il III secolo a.C., furono poi riutilizzate dai Romani fino al III/IV secolo d.C. Le notizie del ritrovamento, a inizio Novecento, di sepolture ad inumazione che, per caratteristiche costruttive, sono paragonabili alle tombe longobarde, fanno pensare che l’area possa essere stata utilizzata ancora più a lungo.
Le tombe avevano più o meno tutte la stessa struttura: erano a camera costruita in blocchi di pietra serena messi in opera a secco, cioè senza malta; vi si accedeva da una porta d’ingresso sul lato ovest, chiusa da un pesante lastrone; la copertura era a doppio spiovente o piana. All’interno, lungo le pareti, c’erano banchine a più gradini sulle quali erano disposte le urne che contenevano le ceneri dei defunti, alcune delle quali sono oggi conservate al Museo Archeologico.
Le urne utilizzate in epoca etrusca avevano la forma di cassette in pietra con coperchio. Una di queste –purtroppo frammentaria- era scolpita con una scena di corteo, del quale si intravedono ancora parte di un carro trainato da cavalli e i piedi di due partecipanti. I cinerari che i Romani impiegarono quando utilizzarono a loro volta le tombe etrusche erano invece semplici olle in terracotta con coperchio e sono datati tra la fine del I secolo a.C. e la metà del I secolo d.C. Le sepolture avevano corredi costituiti da oggetti come vasetti in terracotta, unguentari in vetro o, in un caso, una spatolina di bronzo.
I Romani continuarono a servirsi della necropoli ancora nel III-IV secolo d.C. epoca alla quale risalgono i resti scheletrici di alcuni individui –deposti quindi con rito inumatorio- rinvenuti all’interno di una delle tombe dell’area.
Sia l’Area Garibaldi che la necropoli di via del Bargellino conservano testimonianze archeologiche molto importanti e significative per Fiesole. Imparare a conoscerle e metterle in collegamento con le altre che si sono conservate – e di cui parleremo prossimamente – ci consente di ricostruire la struttura della città, dei cambiamenti d’uso degli spazi e dei costumi dei popoli che, nell’arco di secoli, l’hanno abitata e, in definitiva, di riappropriarci così di un fetta importante della nostra stessa storia.
Chiara Ferrari
Per approfondimenti:
De Marco, Museo archeologico. Scavi, Fiesole 1981.
Biondi, M. De Marco, I Longobardi a Fiesole: un osservatorio archeologico per la Toscana dei secoli VI-VIII, in III Ciclo di Studi Medievali (NUME) (Firenze 8-10 settembre 2017), 2017, pp. 159-175.
Immagini:
Fig. 1. Area Garibaldi, il peristilio e la vasca della domus romana
Fig. 2. Museo archeologico di Fiesole, tomba longobarda
Fig. 3. Via del Bargellino, tomba etrusca, esterno
Fig. 4. Via del Bargellino, tomba etrusca, interno con le banchine per i cinerari
Fig. 5. Museo archeologico di Fiesole, urna cineraria etrusca
Foto di Chiara Ferrari