Fiesole al tempo di Dante, attraverso le fonti storiche
“L’una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l’idïoma
che prima i padri e le madri trastulla;l’altra, traendo a la rocca la chioma,
favoleggiava con la sua famiglia
d’i Troiani, di Fiesole e di Roma.”
Così Dante nel XV canto del Paradiso.
Dell’antica città etrusca si parlava molto a Firenze, direi da sempre, da quando le due città si trovarono a dover convivere. Certo, dopo la sconfitta di Fiesole ad opera dell’esercito fiorentino nel 1125, anche a maggior gloria della città vittoriosa, si narravano le antichissime e favolose origini fiesolane, la ricchezza e potenza di Fiesole etrusca, la nascita della rivalità e infine la guerra con Firenze, la città di Cesare, erede di Roma (Fig. 1).
Personaggi favolosi, come Atlante, o storici, come Catilina o Cesare, costituivano importanti tasselli nel mosaico di un racconto che mescolava, in ogni rigo, storia e leggenda.
“La Fiesole che interessa Dante è quella della leggenda fiesolano-fiorentina che (nel suo duplice aspetto encomiastico e polemico) costituiva la base epica dell’elevata coscienza della propria nobiltà che il Comune fiorentino teneva a mostrare […]. La leggenda fiesolana-fiorentina ebbe il suo significato più vivo nel valore spirituale che seppe rivestire per il Comune di Firenze […]. La Fiesole leggendaria ha, si può dire, due volti: positivo l’uno, di prima città fondata dopo il Diluvio (il suo nome deriverebbe da “Fe sola” o “Fia sola”) progenitrice di Troia e di Roma, nel quale si riflette l’orgoglio locale dei Fiorentini; negativo l’altro, di anti-Roma, rocca del sedizioso Catilina e del barbaro Totila, di fronte a Firenze figlia prediletta di Roma, nata per volere di Cesare a immagine della capitale del mondo e restaurata poi dai Romani stessi o – in una sorta di “renovatio” – da Carlo Magno. All’aspetto popolare, favoloso e rievocativo, la leggenda univa quello colto, suscettibile di un’esegesi politica e moralistica” (F. CARDINI, s.v. Fiesole in Enciclopedia Dantesca).
Ma alla base della leggenda c’erano solo fonti letterarie oppure fonti di altro tipo possono aver contribuito al suo formarsi? In altre parole: si può pensare che nella creazione della “leggenda fiesolana” i cronisti fiorentini si siano serviti, oltre che di tradizioni letterarie, anche di testimonianze archeologiche? I resti monumentali della Fiesole etrusca e romana erano visibili e conosciuti e, se lo erano, che ruolo ebbero nell’elaborazione della leggenda?
Come sottolineava il Villani nella sua Cronica, Fiesole, per la sua antichità, era parte, e parte importante, dell’Etruria preromana. Era una città ricca e potente con un esteso dominio: “Morto il re Attalante nella città di Fiesole, rimasero appresso di lui signori Italo e Dardano suoi figliuoli; ed essendo ciascuno di loro signori di grande coraggio, e che ciascuno per sé era degno di signoreggiare il regno d’Italia, si vennero tra loro in questa concordia, che dovessero andare con loro sacrifici a sacrificare il loro Iddio alto Marti, il quale adoravano; e fatti i sacrifici, il domandarono quale di loro dovesse andare a conquistare altri paesi e reami. Dal quale idolo ebbono risposto […] che Italo dovesse rimanere in Fiesole e nel paese d’Italia […] e la detta città di Fiesole montò in grande potenza e signoria […].”
Questa affermazione non ha certo valore storico ma rientra nel quadro di una reinventata genealogia fantastica tendente a esaltare Fiesole, così antica e potente ma, infine, sconfitta da Firenze.
Dal punto di vista archeologico conosciamo poco, ancora oggi, dell’abitato etrusco e romano racchiuso nella cinta muraria e quasi nulla dell’evoluzione di Fiesole nel tempo: vari elementi ci autorizzano a pensare però che molti edifici fossero rovinati, comunque abbondantemente spoliati e, in ogni caso, coperti dai livelli di crollo e dai riporti di terreno succedutisi, per vari motivi, nel tempo.
Qualcosa però restava visibile.
Innanzitutto le mura ciclopiche.
Da alcune testimonianze, in primo luogo da quanto scriveva Procopio di Cesarea ne La guerra gotica, possiamo affermare che, nei primi decenni del VI secolo, Fiesole, che Goti e Bizantini si contendevano accanitamente, era ancora fortificata e risultava, anche per la sua posizione naturale, difficilmente espugnabile. Non sappiamo in che condizioni l’antica cinta muraria etrusca fosse e per quanta lunghezza ancora si estendesse ma, in ogni caso, un passo del cronista Sanzanome, che scriveva le sue Gesta Florentinorum nella prima metà del secolo XIII, non pare lasciare dubbi sulla presenza delle mura: “(Faesulae) erat enim super asperum montem sita et undique circumdata muris et saxis ultra modum appositis in eisdem, cuius opifices cum in cor hominum ascendere non posset magisterium, dicuntur fabulose fuisse gigantes”.
Queste mura, ancora parzialmente visibili erano quelle che nel Villani si rivestivano di leggenda: “(Attalante) fece murare la detta città di fortissime mura, e di meravigliose pietre e grossezza, e con grandi e forti torri, e una rocca in su la sommità del monte di grandissima bellezza e fortezza ove abitava il detto re, siccome ancora si mostra e può vedere per le fondamenta delle dette mura, e per lo sito forte e sano”.
Le stesse mura che i Fiorentini, stanchi e preoccupati di vederle incombenti lassù sulla collina, parzialmente distruggeranno nel 1125 cantando, sulle rovine della città, “subiacet haec mesta quae numquam fecit honesta” (Fig. 2).
Ma non c’erano solo le mura: forse un altro monumento antico era rimasto visibile e si nasconde dietro la tradizione dell’esistenza a Fiesole del “bagno reale di Catilina”.
Ricordano Malispini (intorno alla metà del secolo XIII), al capitolo XXV della sua Storia fiorentina, scriveva: “Dov’è la detta città di Fiesole era un bagno caldo, lo quale era chiamato lo bagno reale di Catilina, lo quale sanava ogni infermitae, e guariva di tutte piaghe, e avealo in tal modo condotto, ch’egli venia da lungi del monte uno migliaio e mezzo, e uscia per una bocca di leone, che parea tutto vivo naturale, lo quale bagno dava grande forza alle membra dell’uomo ….
Anche Villani riportava la stessa tradizione: “E nella detta cittade ebbe uno bagno, il quale era chiamato bagno reale, che sanava molte infermitadi; e nella detta cittade venian per maraviglioso condotto delle montagne di sopra a Fiesole acque di fontane finissime e sane, onde la città avea grande abbondanza”.
Verrebbe fatto di pensare che si fosse dato il nome di “bagno” non soltanto a un edificio che di per se stesso, per quanto rovinato, mostrava la sua funzione – quale appunto un edificio termale – ma a qualsiasi edificio che fosse in relazione con un condotto d’acqua: nel caso di Fiesole, i cronisti identificavano questo condotto con l’acquedotto principale della città proveniente dalle alture di Montereggi, a nord della città.
A questo bagno leggendario venivano attribuite straordinarie virtù terapeutiche analogamente ad altri che erano e sono diffusi un po’ in tutta la Toscana, in molti casi veri e propri bagni termali. Di questo bagno fiesolano però si son perse completamente le tracce: forse potremmo cercare un riferimento in epoche più antiche, per esempio nei culti salutari legati alla presenza di acque e fonti. Fiesole era ed è ricca d’acqua e viene fatto pensare alla stipe votiva di una divinità salutare, forse la Menrva etrusca, recuperata parzialmente nel tempio etrusco settentrionale all’interno dell’area archeologica, un luogo questo dove la persistenza di un edificio a carattere religioso è attestata dal VI secolo a.C a tutta l’età romana imperiale e, forse, oltre.
Un altro possibile suggerimento, un richiamo, alle epoche più antiche di Fiesole potrebbe forse vedersi nella “testa di leone di metallo che parea viva naturale”: chissà se attribuibile al torso di leonessa in bronzo conosciuta come “lupa fiesolana” ed esposta nella terza sala del Museo Archeologico. Mentre delle mura dobbiamo dire con relativa certezza che esistevano ed erano ben visibili ancora nel Medioevo, possiamo non escludere ma solo ipotizzare la presenza di un eventuale edificio che possa aver dato origine alla tradizione del “bagno reale di Catilina” così come la possibile pertinenza della “testa di leone di metallo” alla cosiddetta “lupa” fiesolana (Fig. 3).
Possiamo concludere quindi dicendo che alcuni resti monumentali della Fiesole etrusca e romana dettero senz’altro un contributo all’elaborazione della “leggenda fiesolana”, le mura in particolare: non possiamo però escludere che altri resti e reperti rimanessero parzialmente in vista rafforzando, a maggior gloria dei vincitori, l’idea di una città antica e gloriosa finalmente sconfitta.
Marco De Marco
Riferimenti bibliografici
nel testo
Credits fotografici
Fig. 1 - Fiesole e Firenze viste da nord, foto dell'autore
Fig. 2 - I Fiorentini espugnano Fiesole - Miniatura per la "Cronica" del Villani, Roma, Biblioteca Vaticana. Tratta da F. Antal, La pittura Fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento, Torino, 1960.
Fig. 3 - La "Lupa" fiesolana esposta nel Museo Archeologico di Fiesole, foto dell'autore.