Demostene Macciò, personaggio importante per l'archeologia fiesolana
Qui dove si ammirano i monumenti/ di Fiesole tre volte millenaria/
sulle sostruzioni/ in cui il volgo già vide le Buche delle Fate/
Francesco Gamurrini e Carlo Strozzi/ scopersero il teatro/
Compié l’opera/ rese alla luce le terme il tempio/ il luogo sacro creduto d’Ancaria/
Demostene Macciò pistoiese/
per trent’anni direttore di questi scavi/
pittore egregio tra gli alunni del Bezzoli/ nel MDCCCXLXVIII soldato d’Italia/
per ogni sorta di civili benemerenze/ caro a Fiesole/ ove per nove lustri sedé né consigli del Comune/ e dove morì di LXXXV anni/ il XV febbraio MCMX/
Un comitato cittadino/ pose/ XX settembre MCMX
La lapide commemorativa, affissa in alto nell’androne d’ingresso all’Area archeologica di Fiesole (Fig. 1), sulla destra del visitatore, rischia di passare inosservata ai più. Eppure, è un documento importante che, in poche righe, riassume efficacemente gli inizi dell’archeologia fiesolana. Tra i nomi di coloro che ne furono protagonisti, si trova anche quello di Demostene Macciò (Pistoia, 1824 - Fiesole, 1910), al quale la lapide è dedicata. Egli, infatti, non solo diresse gli scavi che contribuirono a portare in luce due dei tre monumenti ancora oggi visibili nell’Area archeologica, ma fu anche primo ordinatore, insieme a Pietro Stefanelli, del Museo civico archeologico di Fiesole, istituito nel 1878 e da lui diretto dal 1880 fino all’anno della sua morte.
Macciò fu pittore dilettante, allievo di Giuseppe Bezzuoli, del quale ereditò la villa che aveva a Fiesole. Dal 1866 era entrato a far parte del Consiglio comunale cittadino, ricoprendo anche la carica di assessore. Seppur privo di formazione specifica in campo archeologico, fu un appassionato erudito locale, membro dell'Accademia Colombaria di Firenze. Iniziò a prender parte più attivamente alle vicende archeologiche fiesolane nel 1877, quando fu eletto nella Commissione archeologica comunale, “incaricata di provvedere al mantenimento e conservazione dei monumenti già scoperti negli scavi […] ed alla conservazione degli oggetti raccolti nel Museo […]”.
Tra il 1873 e il 1874 il marchese Carlo Strozzi, presidente della Regia deputazione ai monumenti d’Etruria, di cui Francesco Gamurrini fu segretario, aveva già scavato quasi completamente il teatro di epoca romana ed un primo nucleo di reperti da esso provenienti era stato raccolto all’interno di una sala dell’allora Palazzo Pretorio (oggi Palazzo del Comune).
Macciò riprese quindi da dove i lavori erano stati lasciati. Il primo passo fu l’istituzione del Museo archeologico nel 1878 (Fig. 2). Insieme a Pietro Stefanelli, che ne fu primo direttore, Macciò ne curò l’ordinamento, che negli intenti doveva avere un carattere topografico: il materiale archeologico fiesolano, cioè, doveva essere al centro del percorso, ordinato per provenienza, così da illustrare la storia dei luoghi e della città. Purtroppo però ciò non fu possibile perchè “fu necessario [...] radunare cose che non tutte appartennero al suolo fiesolano, questo si deve alla brama giustissima di appagare [...] l’aspettativa del visitatore e nel medesimo tempo porgere un confronto per utili deduzioni, fra gli oggetti fiesolani e il resto d’Etruria [...]”. Nel percorso furono così inseriti anche reperti non fiesolani, frutto delle numerosissime donazioni private, di fatto realizzando un museo dal carattere ibrido, a metà tra museo topografico e museo dei confronti. Su questo allestimento Macciò pubblicò il Catalogo sommario illustrativo (1878), che seppur breve e poco approfondito, rimase in effetti l’unico apparato illustrativo del Museo fino al 1914.
Nell’Area archeologica, le campagne da lui dirette riportarono in luce le terme romane e, in particolare, quelle condotte nell’area del tempio tra il 1898 e il 1902, restituirono alcuni reperti molto significativi: tra questi, l’altare di epoca romana, la bella scultura in terracotta di guerriero armato di scudo (Fig. 3) e l’altare pertinenti al tempio di età ellenistica (Fig. 4) ed il frammento di altare con leone accovacciato di età tardo-arcaica. L’attività svolta e i ritrovamenti archeologici effettuati furono da Macciò documentati sia nelle annuali relazioni di scavo che nella rivista Arte e Storia. Anche se all’epoca degli scavi i reperti rinvenuti non sempre furono interpretati e/o datati correttamente, le indicazioni scritte e i disegni realizzati sono stati fondamentali per ricostruire la complessa storia di questo edificio e delle sue fasi costruttive.
Chiara Ferrari
Riferimenti bibliografici
C. Salvianti, Donatori e donazioni: alle origini del Museo civico di Fiesole, in C. Salvianti (a cura di), La collezione Costantini, Milano 1985, pp. 15-24.
C. Cagianelli, Il tempio etrusco di Fiesole: due secoli di indagine, in Annuario dell’Accademia etrusca di Cortona, XXVII (1995-1996), pp. 11 – 57.
P. Rescigno, Tra culto della memoria e scienza. Il Museo Archeologico di Fiesole tra Otto e Novecento, Firenze 1994, pp. 147-148, 151-154, 158-159, 161-165.
Immagini
Fig. 1 - La lapide commemorativa di Demostene Macciò, ingresso all’Area archeologica di Fiesole (foto dell’autrice)
Fig. 2 - Il Museo archeologico allestito in tre sale all’interno del Palazzo Pretorio in una cartolina spedita nel 1903 (Archivio comunale, Comune di Fiesole)
Fig. 3 - Scultura frammentaria di guerriero, terracotta, prima metà II sec. a.C., Museo civico archeologico di Fiesole (foto di: Fotocronache Germogli, Firenze)
Fig. 4 - L’altare etrusco-ellenistico come ritrovato da Macciò, dinanzi alla scalinata del tempio romano ma ad un livello più basso, in una foto degli anni Cinquanta del Novecento (Archivio comunale, Comune di Fiesole)